Cerri, il successo è questione d'orecchio
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Cerri, il successo è questione d'orecchio
Gran bella intervista.
dal link
http://www.corriere.it/cultura/11_aprile_11/franco-cerri-di-paolo-di-stefano_439e03a2-640f-11e0-a775-19c5c2b0b4ec.shtml
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IO RICORDO - MEMORIE D'AUTORE
Cerri, il successo è questione d'orecchio
«A una festa Kramer mi disse: hai orecchio. Iniziai così. Ma il successo popolare arrivò con l'uomo in ammollo»
«È bello vedere crescere i ragazzi». La voce di Franco Cerri è la voce gentile di un signore in giacca e cravatta, dal sorriso dolce e dal fisico asciutto. I ragazzi sono quelli della Civica Scuola di Jazz, fondata a Milano da Cerri nel 1987: è un edificio luminoso nei pressi di Porta Romana. In corridoio i ragazzi si muovono rispettosi, si vedono sui loro visi gli sguardi dell'ammirazione. «Cosa farei se non ci fosse la scuola... ». Sulle pareti bianche dell'aula N, che lasciano passare il suono vicino di un sax, c'è un ritaglio di una decina d'anni fa con papà Franco, il chitarrista jazz più famoso d'Italia, e suo figlio Stefano. Stefano suonava ormai il basso elettrico, ma era partito dalla chitarra pop e dalla passione per i Beatles: «È cresciuto pian piano. Una sera, un amico dell'altro mio figlio, Nicola, mi chiese se conoscevo i brani dei Beatles, Stefano si alzò, tornò con una chitarra e cominciò a suonare e a canticchiare. Io non sapevo che suonasse. Rimasi a bocca aperta: quello era mio figlio!». La conversione di Stefano al jazz fu molto lenta: «A un certo punto Memo Remigi lo ingaggiò per una tournée. Una sera Stefano mi telefona dalla Sicilia e mi dice: "Papà, papà, ho sentito Charlie Parker, avevi ragione!" Da allora siamo stati molto insieme a suonare, suonare con un figlio è una grande emozione...». Stefano è morto a cinquant'anni il 24 novembre 2000, per una malattia fulminante: «Io ho avuto un tumore, poi si ammalò lui. Un giorno mi telefonò e mi disse: "Sai papà, adesso, oltre alla musica, abbiamo un'altra cosa in comune...". "Non scherzare", gli dissi. "Me l'hanno diagnosticato mezz'ora fa", mi rispose».
Eppure oggi, nonostante gli occhi che si inumidiscono, la serenità di Franco Cerri non è un inganno. «Sono credente, con tutto il rispetto, credo che esista..., però non ho nessuna ammirazione per la Chiesa: è fatta di politici, e dei politici mi vergogno. L'idea che ci sia la destra e la sinistra, ma manchi il buon senso mi offende... Sono impiegati dello Stato che dovrebbero fare seriamente il proprio lavoro e che invece sono diventati padroni sulla pelle della gente. Poi ci si meraviglia che i ragazzi non credono più a niente...». Ma non c'è nulla per fortuna che riesca a intaccare il suo buonumore: «Voglio continuare a suonare finché dura, voglio ringiovanire. Ho voglia di ridere, sento in me il ragazzo, e le gambe, la testa, le mani funzionano ancora. Il giorno in cui non mi ricorderò più un percorso armonico, attaccherò al chiodo la mia ragazza preferita». Che è la chitarra. Ride. Mercoledì il Teatro Strehler dedicherà una serata al suo mondo. Davanti a un bloc notes pieno di aneddoti, storie, ritratti, atmosfere, un buon giornalista deve saper scegliere, ma stavolta è davvero difficile. Milano anni 30: «Papà aveva perso la mano sinistra, tre dita della destra e un occhio nel '17, durante un'esercitazione militare. Mamma era un'operaia, una bella ragazza. Le chiedevano: "Uhé, bionda, com'è che sei andata a prenderti quello lì?". Lei rispondeva: "Ma è così gentile". In effetti non li ho mai sentiti litigare, i miei».
Fu papà Mario a regalargli la prima chitarra, acquistata per 78 lire. Era il settembre 1943. In realtà, Franco lavorava da tempo. A 14 anni era già muratore: «Mi dicevano: "Uhei, pinèla, porta qui la molta", ma ero magro e fragile, e ci cadevo sopra. E poi pativo il freddo. Avevo sentito dire che offrivano lavoro alla Montecatini. Un giorno mi chiedono di fare l'ascensorista per la presidenza. Nel mio piccolo, avevo il senso dell'educazione, e per non voltar le spalle al presidente schiacciando il bottone, ho passato giorni ad allenarmi. Il primo giorno, arriva Donegani, gli dico: "Buongiorno presidente", e cerco il bottone senza girarmi, ma non lo trovo... Mi guardò, capì, si mise a ridere e arrossendo fui costretto a girarmi. Io sono cresciuto così, nella timidezza, nell'insicurezza, nella paura di tutto. Ma oggi di educazione ne vedo poca in giro». Grazie alla benevolenza di un ufficiale, il giovane Cerri viene arruolato in Marina, ma è solo uno spettatore della guerra. Ricorda la sua città in macerie: «Già suonicchiavo per una radio tedesca, la notte tornavo tardi a casa e dalla paura certe volte mi veniva l'itterizia».
Il dopoguerra «è stato un bel momento di poesia». Cerri è un autodidatta della chitarra, trova un aiuto nell'amico del cuore Giampiero Boneschi, già pianista e futuro compositore e direttore d'orchestra: «Non conoscevo le note e odiavo con tutte le mie forze l'idea del solfeggio. Quando mettevo insieme tre o quattro note, telefonavo a Giampiero per sapere cos'erano. Mi diceva: è un re minore, e io gli rispondevo: e che cosa vuol dire?». Il miracolo avviene in una festa da ballo, dopo la liberazione: «Nei cortili la gente riprendeva a ballare per festeggiare. Un giorno, mi trovavo con un gruppo di amici a Porta Genova, sotto una casa di ringhiera, dove si ballava e si giocava alle bocce. Suonavamo brani di moda, tipo "Solo me ne vo' per la città". A un certo punto arriva Gorni Kramer, con la sua fisarmonica: "Chi di voi conosce brani americani?", chiede con la sua erre moscia. Si avvicina a me: "Tu cosa sai?". "Pochino" rispondo. "Dai, vieni qui", prende una sedia, si siede accanto a me e comincio a suonare con lui. Da svenimento! Dopo una mezz'ora mi dà una pacca sulla spalla: "Bravo, ragazzo, tu hai la paletta"». Hai orecchio. Tornato a casa, di notte, il ragazzo sveglia i suoi: «Papà, mamma, ho suonato con Kramer!». «Sì, sì, va' a letto che è tardi», gli risponde suo padre. «Mia madre sognava che diventassi fattorino di fiducia». Il secondo incontro con Kramer è un nuovo colpo di fortuna, passano 24 ore e Cerri si trova a suonare nell'orchestra del suo idolo: «Ho sempre pensato che nella vita devi essere al posto giusto nel momento giusto, e io ho avuto questa fortuna». Una fortuna anche aver incontrato, in quegli anni, il Quartetto Cetra e Natalino Otto. Un sogno: «La musica classica interpreta, il jazz inventa, dà la "ghega" in altro modo».
Di lì a poco, nel '49, un altro incontro insperato. Ti piacerebbe suonare con Django Reinhardt?, gli chiede un impresario. Django era il chitarrista belga che aveva suonato con Duke Ellington. Anche lui un mito. «Suonava in maniera divina, anche se gli mancavano il mignolo e l'anulare della sinistra, per un incidente che aveva avuto da giovane. Lo accompagnavo con la bava alla bocca, senza aver fatto nessuna prova. Una cosa pazzesca, c'era con noi anche il grande violinista Stéphane Grappelli: un contratto di due mesi al Club Astoria, ma dopo 15 giorni ci mandarono via, perché i clienti non capivano: saranno anche bravi, dicevano, ma non sono le cose che piacciono a noi...». E poi Chet Baker, tromba cool, una vita perduta nella droga. Cerri ricorda una serata in cui l'orchestra gli diceva «Soffia, Chet, soffia», ma Baker restava in piedi, barcollante, la testa china, senza reagire: «Fu arrestato alla Bussola, alla fine di una serata. Dalla prigione mi telefonò un giorno per dirmi: "Sarebbe bello suonare ancora insieme". Suonammo ancora al Santa Tecla. Una volta gli domandai come aveva fatto a cadere nella droga. Mi raccontò che aveva suonato con Charlie Parker: "Lui per me era Dio, e se Dio si droga, il minimo è che lo faccia anch'io"».
Dal '54, la Rai diventa casa sua. Recita e balla con Renato Rascel. Scrive per il Quartetto Cetra. Suona con Carosone, Arigliano, Peter Van Wood, Mina («aveva la paletta anche lei ed era una gran bella donna»). Continua a suonare con i big del jazz internazionale: Billie Holiday, Gerry Mulligan, Dizzy Gillespie, Lee Konitz. Ma il successo popolare, quello che fa girare lo sguardo al grande pubblico quando lo si vede circolare in autobus, non arriva con il trionfo americano alla Philharmonic Hall di New York, con le incisioni, le composizioni, i concerti. Il successo popolare arriva con «l'uomo in ammollo», il famoso spot pubblicitario del Bio Presto, durato dal '68 per oltre un decennio: «Non mi sono arricchito. Con quel che guadagnavo pagavo l'affitto e le scarpe nuove per i ragazzi. In compenso, in metrò dovevo salire con la mano sulla faccia per nascondermi, mi seccava che mi indicassero, ridendo... A quei tempi spendevo un sacco di soldi in taxi».
Paolo Di Stefano
11 aprile 2011
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Bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola, ma insomma ci siamo capiti [Saltatempo di Stefano Benni]
Chi non sa ridere non è una persona seria [Fryderyk Chopin]
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Re: Cerri, il successo è questione d'orecchio
Mi ahi preceduto di un attimo.daniele ha scritto:Commovente
Quando leggo delle vite di quella generazione mi commuovo sempre anch'io, e visto quello che mi gira intorno oggi li invidio anche.
Grazie per averla postata
Vella- Membro classe argento
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Memoria d'artista - Franco Cerri
Un post che non vuole recensire un disco o un brano, ma un artista che ho personalmente conosciuto molti anni fa, quando ebbi l'occasione di discutere con lui in camerino dopo una bella esibizione con il sassofonista Gianni Basso e suo figlio Stefano al basso.
Pochi minuti fa ho letto questo articolo sul Corriere, e visto i 5 minuti di video della sua intervista.
Ritengo sia un uomo straordinario, di un'eleganza ed una umanità fuori dal comune.
Ricordo l'emozione quando gli chiesi delle serate a suonare con il grandissimo Django Reinhardt. "Ubriacante" lo definì...
Rimarrà sempre nel mio cuore, volevo condividere con voi questa emozione.
Pochi minuti fa ho letto questo articolo sul Corriere, e visto i 5 minuti di video della sua intervista.
Ritengo sia un uomo straordinario, di un'eleganza ed una umanità fuori dal comune.
Ricordo l'emozione quando gli chiesi delle serate a suonare con il grandissimo Django Reinhardt. "Ubriacante" lo definì...
Rimarrà sempre nel mio cuore, volevo condividere con voi questa emozione.
Finez- Membro di riguardo
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Re: Cerri, il successo è questione d'orecchio
Finez ha scritto:...volevo condividere con voi questa emozione.
Ci sei riuscito, complimenti.
flovato- UTENTE BANNATO
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Re: Cerri, il successo è questione d'orecchio
Finez ha scritto:Rimarrà sempre nel mio cuore, volevo condividere con voi questa emozione.
Grazie della condivisione
P.S. ho spostato qui il tuo messaggio in quanto l'articolo lo avevo già postato io
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nd1967- Moderatore
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Re: Cerri, il successo è questione d'orecchio
nd1967 ha scritto:Gran bella intervista.
dal link
http://www.corriere.it/cultura/11_aprile_11/franco-cerri-di-paolo-di-stefano_439e03a2-640f-11e0-a775-19c5c2b0b4ec.shtml
Carissimo Nd, ho visto ora con piacere che mi avevi preceduto....
Hai fatto benissimond1967 ha scritto:Grazie della condivisione
P.S. ho spostato qui il tuo messaggio in quanto l'articolo lo avevo già postato io
Finez- Membro di riguardo
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