Sonata Arctica - Unia

il disco della discordia



Unia è l'evoluzione degli Arctica, è la negazione di parte del loro lavoro fino ad oggi, restando comunque facilmente riconoscibile come Sonata Arctica.
Impossibile? forse.
Non c'è una wolf & raven, od almeno, non come un fan degli Arctica la conoscerebbe. Però It won't fade e caleb sono ciò che un fan della musica riconoscerebbe come canzone dei Sonata Arctica.
L'album si snoda in canzoni mutevoli, cambi di umore, di tempo, interpetativi. La voce di Kakko non è più improntata sull' acutone, sulla nota da raggiungere, ma si plasma e modella in base a ciò che vuole trasmettere (evidenti le influenze dei queen). Per la prima volta dopo 4 dischi, fa la sua comparsa il basso -di Paasikoski-; il chitarrone di Liimatainen non viaggia più sui 1000 all'ora, si ferma, rallenta, tentato da richiami prog, le tastiere di Klingenberg si fanno meno protagoniste, evitano il confronto chitarristico, ma le melodie ci sono e si fanno sentire. La batteria perde in velocità -niente elicottero- , ma Portimo riesce a districarsi bene in questo nuovo album.

Per i fan degli Arctica -abituati ad Ecliptica o Silence- sarà praticamente impossibile avvicinarsi a questo disco. Per tutti gli altri, black & white, paid in full, it won't fade, caleb, the harvest, my dream, fly with the black swan rappresentano buonissimi esempi di evoluzione del gruppo, senza dimenticarsi ciò che si è stati finora.

Il disco è difficile, quasi pachidermico per i primi ascolti, ma lentamente si viene raggiunti da questo sogno (Unia appunto) fatto musica.

Insomma, non lasciatevi ingannare, questo disco può dare tante soddisfazioni a chi si prende la briga di ascoltarlo. I sonata qui hanno tentato di camminare per strade diverse dal loro solito, che li porterà con i successivi album (the days of grays e stones ) a perdere anche alcune caratteristiche di Unia, sacrificandole per melodie più dirette e canzoni maggiormente melodiche, risultando a mio avviso, meno efficaci che non in questo album.