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Opal: Happy Nightmare Baby

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Opal: Happy Nightmare Baby Empty Opal: Happy Nightmare Baby

Messaggio Da Artinside Mar Gen 24, 2012 12:40 pm

http://www.debaser.it/recensionidb/ID_11733/Opal_Happy_Nightmare_Baby.htm

Opal: Happy Nightmare Baby
scritta da Socrates per debaser

Opal: Happy Nightmare Baby Opal_h10

Kendra Smith e David Roback, figure di primo piano della scena Paisley Underground degli anni '80, sapevano quello che facevano quando scelsero il nome Opal per la loro creatura, nata in casa del mai troppo lodato Greg Ginn e distribuito in Europa dall'ottimo Geoff Travis. Infatti, sarebbe stato difficile rappresentare meglio in sintesi la loro musica. L'opale, come molti sanno, è una misteriosa e splendida gemma. Cangiante, multicolore, sembra seguire magicamente gli stati d'animo di chi l'indossa, assumendo, di volta in volta, tutti i colori dell'iride. Allo stesso modo le nove canzoni di questo fulgido debutto lanciano bagliori e sensazioni intensi e mutevoli, a volte sinistri, "malati", altre più luminosi e variopinti, ma sempre percepiti come sotto l'effetto di un trip, pronti a virare repentinamente. Siamo in territorio psichedelico, e non potrebbe essere altrimenti visti i gruppi di provenienza della coppia, al quale aggettivo, però, eviterei di premettere "neo", che potrebbe suonare come una diminutio per un album che avrebbe fatto la sua lusinghiera figura, ne sono convinto, anche nell'età aurea dei sixties.

Elemento fondamentale, che dà a "Happy Nightmare Baby" valore aggiunto e sicura riconoscibilità, è la voce profonda ed espressiva di Kendra, donna inquieta e di forte personalità, già bassista per il "Sindacato del Sogno". La struttura portante di quasi tutti i pezzi è comunque affidata alla sapiente e lisergica chitarra di Roback, che aveva già dato e darà con Rain Parade e Mazzy Star prove inequivocabili del suo talento, ma che qui, per quanto mi riguarda, raggiunge il suo apice, senza assoli eccessivi o sbavature, riuscendo a fondersi in modo perfetto con la perturbante voce della Smith.
I primi due pezzi, "Rocket Machine" e "Magic Power", aprono il disco come meglio non si potrebbe e valgono da soli il classico prezzo del biglietto: il primo è un blues psichedelico cupo e quasi claustrofobico, con una lancinante chitarra che fa da contraltare all'incedere ipnotico del basso di Kendra, che ci accompagna nell'obbligato passaggio dal sogno all'incubo (nigthtmare); nel secondo la nostra assume le sembianze di un Jim Morrison in gonnella e tutto il brano appare come uno strano mix tra Doors e primi Floyd, Hammond compreso, una sorta di "riders" in attesa di una "storm" che forse non arriverà mai. Il blues, quello più canonico, riappare nella tirata ballad "She's a Diamond", con distorsioni lisergiche di cui il buon David è sempre stato prodigo. Atmosfere oniriche, chitarra di Roback ancora protagonista con arabeschi psichedelici in "Supernova", brano che emana un deciso fascino orientaleggiante. La title-track è song apparentemente solare, ma nasconde inquietudini ed ombre appena al di là della piana superficie, come già pare suggerire l'ossimoro.
Il finale è affidato ad una cavalcata di quasi nove minuti, il brano migliore del lotto a mio modesto parere, già edito in un 12'' che aveva anticipato l'uscita dell'album, "Soul Giver", brano di notevole impatto, dove le migliori doti dei due sodali sono esaltate, un rock inzuppato ben bene nell'acido.

Opal, a dispetto degli ottimi risultati ottenuti, emanerà i suoi riflessi multicolori in quest'unica occasione. Già verso la fine del tour promozionale la sinuosa presenza di Hope Sandoval prenderà il posto di Kendra Smith: erano nati i Mazzy Star e la musica psichedelica degli anni '90 avrebbe avuto i suoi nuovi paladini. Ma questa, come si dice, è un'altra storia.

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