ULRICH SCHNAUSS - Goodbye
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ULRICH SCHNAUSS - Goodbye
http://www.ondarock.it/recensioni/2007_ulrichschnauss.htm
Alberto Asquini da Ondarock
Sono passati ormai quattro anni da quel "A Strangely Isolated Place" che aveva riscaldato i cuori degli appassionati dell'elettronica più eterea e trasognata. Ulrich Schnauss, qui alla terza prova, propone sonorità rarefatte e pop, unite a un'attitudine prettamente shoegaze, ma anche uno slancio terreno e razionale. E, sul solco dei primi due dischi, anche stavolta non sbaglia.
Al bando i luoghi comuni: non fatevi ingannare dall'origine. Perché qui, più che di rock krauto o di kosmische musik, pareleremo di attitudini à-la My Bloody Valentine, di romantici riverberi Slowdive, di quella tensione electro-pop tipica dei lavori targati Morr. Inutile, dunque, lanciarsi in paragoni azzardati, così come inutile sarebbe non riconoscere a "Goodbye" una vita propria, pur trattandosi di un album ad alto tasso derivativo.
Ad apire fantastici scenari boreali, in salsa vagamente orientale, provvedono le note soffuse di "Never Be The Same", traccia che si dipana fra gorgheggi, note di xilofono e un'aria vagamente primaverile. E se i primi sentori shoegaze si avvertono nell'opaca "Shine", gli oltre sei minuti di "Stars", in costante bilico fra tribalismi, accenni gotici e una coda in odore di musica celtica, prima della deflagrazione finale, tratteggia acquerelli dipinti en plein air. E se Eluvium fa capolino dal minimalismo elettronico di "In Between The Years", feedback, synth e tastiere costruiscono la solida impalcatura sulla quale si struttura la maestosa "A Song About Hope", avvolta da un climax vorticoso e sorretta da una solida (e quantomai rara nel disco) sezione ritmica.
Il noise bianco, unito a beat electro in "Medusa", accompagna l'ascoltatore verso la chiusura alla quale sinceramente non si potrebbe chiedere di più. Tanto "Goodbye" - sette minuti nei quali si delinea nella sua completezza l'estetica della musica del musicista teutonico - quanto "For Good", dove a un iniziale slancio fingerpicking si uniscono melliflue tastiere che tracciano sentieri tanto tortuosi quanto tranquilli, si pongono fra le tracce migliori del disco.
Tirando le somme, possiamo sicuramente parlare di questo "Goodbye" come di un album assolutamente emozionante. Per l'ascoltatore audace, che insegue l'originalità a tutti i costi, non c'è posto. Ma per chi vorrà passare 55 minuti in bilico fra brividi, note sognanti e, perché no, anche qualche lacrima, "Goodbye" è servito. Con una sola speranza: che sia davvero solo un bellissimo arrivederci.
Alberto Asquini da Ondarock
Sono passati ormai quattro anni da quel "A Strangely Isolated Place" che aveva riscaldato i cuori degli appassionati dell'elettronica più eterea e trasognata. Ulrich Schnauss, qui alla terza prova, propone sonorità rarefatte e pop, unite a un'attitudine prettamente shoegaze, ma anche uno slancio terreno e razionale. E, sul solco dei primi due dischi, anche stavolta non sbaglia.
Al bando i luoghi comuni: non fatevi ingannare dall'origine. Perché qui, più che di rock krauto o di kosmische musik, pareleremo di attitudini à-la My Bloody Valentine, di romantici riverberi Slowdive, di quella tensione electro-pop tipica dei lavori targati Morr. Inutile, dunque, lanciarsi in paragoni azzardati, così come inutile sarebbe non riconoscere a "Goodbye" una vita propria, pur trattandosi di un album ad alto tasso derivativo.
Ad apire fantastici scenari boreali, in salsa vagamente orientale, provvedono le note soffuse di "Never Be The Same", traccia che si dipana fra gorgheggi, note di xilofono e un'aria vagamente primaverile. E se i primi sentori shoegaze si avvertono nell'opaca "Shine", gli oltre sei minuti di "Stars", in costante bilico fra tribalismi, accenni gotici e una coda in odore di musica celtica, prima della deflagrazione finale, tratteggia acquerelli dipinti en plein air. E se Eluvium fa capolino dal minimalismo elettronico di "In Between The Years", feedback, synth e tastiere costruiscono la solida impalcatura sulla quale si struttura la maestosa "A Song About Hope", avvolta da un climax vorticoso e sorretta da una solida (e quantomai rara nel disco) sezione ritmica.
Il noise bianco, unito a beat electro in "Medusa", accompagna l'ascoltatore verso la chiusura alla quale sinceramente non si potrebbe chiedere di più. Tanto "Goodbye" - sette minuti nei quali si delinea nella sua completezza l'estetica della musica del musicista teutonico - quanto "For Good", dove a un iniziale slancio fingerpicking si uniscono melliflue tastiere che tracciano sentieri tanto tortuosi quanto tranquilli, si pongono fra le tracce migliori del disco.
Tirando le somme, possiamo sicuramente parlare di questo "Goodbye" come di un album assolutamente emozionante. Per l'ascoltatore audace, che insegue l'originalità a tutti i costi, non c'è posto. Ma per chi vorrà passare 55 minuti in bilico fra brividi, note sognanti e, perché no, anche qualche lacrima, "Goodbye" è servito. Con una sola speranza: che sia davvero solo un bellissimo arrivederci.
Artinside- Membro classe argento
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