WE HAVE BAND - Whb
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WE HAVE BAND - Whb
http://www.ondarock.it/recensioni/2010_wehaveband.htm
WE HAVE BAND
Whb
(Naïve) 2010
synth-wave, disco-rock
di Marco Bercella
Il mettersi sulle tracce delle next big thing britanniche ha in gran parte perso la tediosità cui eravamo abituati. Se da un lato l'operazione rimane prevedibile e dai connotati assai riconoscibili (un paio di singoli, il Nme che pompa a più non posso, una serie di concerti e hype alle stelle quasi ancor prima di cominciare), dall'altro sono gli esiti, o se vogliamo i contenuti musicali, a portarci belle novità. A finire sotto i riflettori, infatti, non sono più le classiche rock'n roll band pescate nel pub sotto casa, ma proposte più articolate, che fluttuano nell'immensa galassia myspaceana in cerca di una label a cui affidare i propri talenti. E sappiamo bene quanto i media, in questi casi, possano dare una mano. Accade quindi che il trio inglese cada sotto l'occhio attento di Paul Lester, che cura la rubrica "New band of the day" sulle colonne del Guardian (questo due anni fa), e che dal quel momento si inneschi un meccanismo virtuoso che vede scendere in campo in rapida successione il New Musical Express, Dazed And Confused, la Naïve Records e il vero asso che permette al trio di fare scopa: mister Gareth Jones. Stiamo parlando dell'ingegnere responsabile del suono di dischi quali "Metamatic" di John Foxx, "Halber Mensch" degli Einstürzende Neubauten, nonché di quelli riconducibili alla stagione pop industriale dei Depeche Mode, "Construction Time Again" e "Some Great Reward" (ma, attenzione, anche "Black Celebration" e fra gli artisti recenti di quello degli Interpol di "Turn On The Bright Lights").
Se non fossimo in sede di recensione, scatterebbe la colorita espressione romanesca evocante gli attributi maschili, e invece vi diamo conto di un'operazione costruita a tavolino finché si vuole, ma chissenefrega se poi i risultati sono questi. Suoni dalla genesi analogica, secchi e spigolosi, synth iniettati di chitarre, drum machine rinforzate da batterie tradizionali, giri di basso preponderanti e corposi per una disco-rock a presa diretta: insomma, tutto il necessarie per muoversi come si deve senza perdere di vista l'ascolto. Così non sappiamo anticipare le dimensioni di un ipotetico successo, ma siamo certi che dei We Have Band ne sentiremo parlare.
Tutto funziona perché dopo un inizio in chiave melodica con "Piano" e soprattutto "Buffet", si attacca con i tiri sequenziali di "Divisive" che rimanda ai recenti zZz (amici dj, pensateci, giacché ci farete un figurone), poi con la disco di "Love, What You Doing?" e l'irresistibile loop coldwave di "Oh". E poi via con l'electro di "Hear It In The Cans", passaggi più d'ascolto ma assai efficaci ("Centrefolds & Empty Screens"), passando per il gioiello "You Came Out" (presa a metà strada fra il punk-funk à-la Rapture e le adorabili filastrocche degli Omd al debutto), e chiudendo col mezzo tributo a Vince Clarke di "Hero Knows".
Ce n'è per molti palati, insomma, ma col comune denominatore di pezzi che girano, e pure bene. Un solo appunto: non che quella black alla Tv On The Radio di Darren Bancroft sia disprezzabile, ma all'appello manca una voce riconoscibile come lo sono quelle di Glenn Gregory, di Phil Oakey, o ancor più di Dave Gahan. Sarebbe il marchio di fabbrica di un compendio di brani che, se proposto dai Depeche Mode, avrebbe fatto cadere il mondo, tanto per capirci. Ma è solo questo residuale motivo che condiziona il voto finale: meglio dunque interpretarlo per difetto.
WE HAVE BAND
Whb
(Naïve) 2010
synth-wave, disco-rock
di Marco Bercella
Il mettersi sulle tracce delle next big thing britanniche ha in gran parte perso la tediosità cui eravamo abituati. Se da un lato l'operazione rimane prevedibile e dai connotati assai riconoscibili (un paio di singoli, il Nme che pompa a più non posso, una serie di concerti e hype alle stelle quasi ancor prima di cominciare), dall'altro sono gli esiti, o se vogliamo i contenuti musicali, a portarci belle novità. A finire sotto i riflettori, infatti, non sono più le classiche rock'n roll band pescate nel pub sotto casa, ma proposte più articolate, che fluttuano nell'immensa galassia myspaceana in cerca di una label a cui affidare i propri talenti. E sappiamo bene quanto i media, in questi casi, possano dare una mano. Accade quindi che il trio inglese cada sotto l'occhio attento di Paul Lester, che cura la rubrica "New band of the day" sulle colonne del Guardian (questo due anni fa), e che dal quel momento si inneschi un meccanismo virtuoso che vede scendere in campo in rapida successione il New Musical Express, Dazed And Confused, la Naïve Records e il vero asso che permette al trio di fare scopa: mister Gareth Jones. Stiamo parlando dell'ingegnere responsabile del suono di dischi quali "Metamatic" di John Foxx, "Halber Mensch" degli Einstürzende Neubauten, nonché di quelli riconducibili alla stagione pop industriale dei Depeche Mode, "Construction Time Again" e "Some Great Reward" (ma, attenzione, anche "Black Celebration" e fra gli artisti recenti di quello degli Interpol di "Turn On The Bright Lights").
Se non fossimo in sede di recensione, scatterebbe la colorita espressione romanesca evocante gli attributi maschili, e invece vi diamo conto di un'operazione costruita a tavolino finché si vuole, ma chissenefrega se poi i risultati sono questi. Suoni dalla genesi analogica, secchi e spigolosi, synth iniettati di chitarre, drum machine rinforzate da batterie tradizionali, giri di basso preponderanti e corposi per una disco-rock a presa diretta: insomma, tutto il necessarie per muoversi come si deve senza perdere di vista l'ascolto. Così non sappiamo anticipare le dimensioni di un ipotetico successo, ma siamo certi che dei We Have Band ne sentiremo parlare.
Tutto funziona perché dopo un inizio in chiave melodica con "Piano" e soprattutto "Buffet", si attacca con i tiri sequenziali di "Divisive" che rimanda ai recenti zZz (amici dj, pensateci, giacché ci farete un figurone), poi con la disco di "Love, What You Doing?" e l'irresistibile loop coldwave di "Oh". E poi via con l'electro di "Hear It In The Cans", passaggi più d'ascolto ma assai efficaci ("Centrefolds & Empty Screens"), passando per il gioiello "You Came Out" (presa a metà strada fra il punk-funk à-la Rapture e le adorabili filastrocche degli Omd al debutto), e chiudendo col mezzo tributo a Vince Clarke di "Hero Knows".
Ce n'è per molti palati, insomma, ma col comune denominatore di pezzi che girano, e pure bene. Un solo appunto: non che quella black alla Tv On The Radio di Darren Bancroft sia disprezzabile, ma all'appello manca una voce riconoscibile come lo sono quelle di Glenn Gregory, di Phil Oakey, o ancor più di Dave Gahan. Sarebbe il marchio di fabbrica di un compendio di brani che, se proposto dai Depeche Mode, avrebbe fatto cadere il mondo, tanto per capirci. Ma è solo questo residuale motivo che condiziona il voto finale: meglio dunque interpretarlo per difetto.
Artinside- Membro classe argento
- Data d'iscrizione : 29.01.09
Numero di messaggi : 3182
Località : Sassari
Occupazione/Hobby : Arte Contemporanea
Impianto :- Spoiler:
- Sorgente: Jvc xv-n680
Pre: Minimalist autocostruito
Amplificatori: Hifimediy Tk2050 alimentata in AC, Smsl sa-s1 Ta2020, Smsl sa-s2 Ta2024, Helder Audio Ta2024 , S I T amp Ta2024, Sure Ta2024, Sure "Octopus" Tpa 3123, Scythe sda1000, Gainclone Lm1875
Diffusori Esb xl5, Alix Project One
Ampli cuffie: Poppulse mini headphone amp
Cuffie: Grado - Alessandro MS1, Koss Portapro, Jvc ha-fxc51, Monoprice 8320, Jvc Ha-fx34, Awei es-q9, Xkdun Ck-700 etc, etc, etc....
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