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Che cosa resterà di questi Anni Zero

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Messaggio Da nd1967 Gio 17 Dic 2009 - 12:25

Buona lettura


dal link
http://www.lastampa.it/

Che cosa resterà di questi Anni Zero

di Marinella Venegoni

Con la fine degli Anni Zero, un'orda di classifiche riepilogative sta per abbattersi sulle nostre smemoratezze ormai croniche. Ma si può giurare che la compilazione più temeraria apparterrà alla musica popolare, perchè dal 1999 ad oggi le innovazioni tecnologiche hanno surclassato ogni contenuto, e i ricordi faticheranno a riemergere sotto il cielo sventurato del pop. Che mai è stato così in crisi, e mai così libero. Ecco comunque qualche piccolo pezzo di storia del costume destinato a segnare il decennio che sta per chiudersi.

1. Le reunions

La nostalgia, o forse il desiderio di vedere dal vivo un passato conosciuto solo per sentito dire, hanno prodotto alcuni milioni di dollari. Più puro è stato l'one-shot dei Led Zeppelin a fine 2007, più decisamente mercenari i Police, i Genesis, Iggy and the Stooges, Duran Duran, Spandau Ballet, giù giù fino ai Backstreet Boys, e persino i Litfiba buoni ultimi. In controtendenza Oasis e Pooh, dal futuro ancora incerto.

2. I Maledetti

Anche qui, un soffio di Anni '60-'70. Dallo stonamento individuale e collettivo del decennio sono emersi la grande Amy Winehouse vittima di se stessa e Pete Doherty vittima di Kate Moss; gli Usa ci han dato la saga della povera Britney Spears, simbolo della sregolatezza che non fa genio, e ultimamente riabilitata al ruolo di Mamma sulla copertina di «Elle» America; Axl Rose è ospite fisso della categoria, ma anche Steven Tyler (ex?) Aerosmith non se la passa bene (a 60 anni la saggezza sarebbe un obbligo). Michael Jackson è assurto al cielo degli intossicati dalla disperazione, finendo in un mucchio non suo.

3. Italiani internationals

Mai ci era andata così bene: Laura Pausini ha appena conquistato il quarto Latin Grammy, Andrea Bocelli è secondo in classifica Usa con il disco di Natale, Tiziano Ferro sta facendo la sua strada, e Zucchero i suoi chilometri. Dedizione, un pizzico di provincialismo in meno, e su tutto il marchio della latinità.

4. I pianisti

Fenomeno tutto italiano, questo (tra l'altro, il nostro paese fa ormai scuola a sé, siamo in piena autarchia anche musicale). Il più discusso (ma più famoso) è Allevi, il più internazionale Einaudi, il più cantautorale Cammariere, l'emergente Cesare Picco, il più in sordina
Cacciapaglia: ma quanti! Abbandonarsi alle suggestioni della tastiera calma le italiche isterie, si vede.

5. La band del decennio

Senza dubbio, i Radiohead. Hanno dettato l'agenda nei suoni (aprendo le danze nel 2000 con «Kid A»), nei contenuti (rampognando Bush nel
2003 con «Hail to the Thief») e nel marketing, con «In Rainbow» che nel 2007 venne offerto al prezzo scelto dal consumatore: una rivoluzione che ha spiazzato il mercato per sempre. Altri volti hanno sgomitato, con generosità: sono i Coldplay i più cool, ma Jack White è un bluesrocker d'attacco, e Norah Jones esplora nuove strade. Gli Arcade Fire sono alfieri degli indipendenti, i Wilco segnano l'epoca.

6. Quelli che non hanno tradito.

O, almeno, ce l'hanno messa tutta. Soprattutto americani, ma amati
dovunque: Dylan ha sparato 4 grandi album (uno per tutti, «Modern Times» del 2006) Springsteen e gli U2 si sono confermati re dal vivo; come pure l'intoccabile Madonna. Nomi che sono diventati marchi, o almeno come tali trattati dall'industria dei concerti sempre più aggressiva.

7. Cantautori in letargo.

Soltanto Paolo Conte e Franco Battiato hanno tenuto botta in un decennio che ha visto alquanto defilati dal punto di vista creativo e di intervento «politico» tutti i big della nostra storia; resiste la Nannini, emergono Carmen Consoli, Samuele Bersani, Pacifico, Elisa.

8. I Talent Show.

La nascita di questo curioso fenomeno ha ulteriormente sbarellato l'universo del pop. Ogni paese ha il suo: la macchina ha sfornato Kelly Clarkson e il newglam Adam Lambert, Leona Lewis e Susan Boyle, da noi il simbolo resta Giusy Ferreri.

9. Le scomparse.

A sparire (per sempre?) sono stati i dischi e i negozi che li vendevano; ma anche gli album (a vantaggio delle canzoni singole), e il ruolo artistico delle case discografiche con i loro contratti e le programmazioni. E' sparita, purtroppo, anche la radio come promotrice di talenti e canzoni (ne hanno preso il posto My Space e You Tube).

10. Le cover, i cofanetti, i live, i best

Nella prudenza generata dalla crisi e dalle canzoni piratate on line al 95 per cento, hanno resistito soltanto i titoli classici, rilanciati alla grande dai legittimi proprietari o da chiunque altro.
La discografia residua ha risucchiato ogni possibile guadagno dai cataloghi, rimessi tutti abbondantemente in vendita: e ogni (cauta) uscita di album si è portata dietro uno sfruttamento ultraintensivo a botte di best e live.

11.L'invenzione

Nel 2001 è comparso, irresistibile, il primo Ipod. Diecimila canzoni in tasca, e all'improvviso la vostra discoteca è finita in amaro abbandono nell'angolo buio del salotto.


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