Storia ed evoluzione della Classe D
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Storia ed evoluzione della Classe D
Molto si è detto sulla classe D, troppo spesso confusa e assimilata alla classe T, che, come ho più volte sottolineato, è un passo oltre rispetto alla classe D, in quanto capace di sommare i vantaggi di quest’ultima (efficienza, dimensioni e consumo) e della classe AB (qualità sonora). Tuttavia ci siamo dimenticati (io in primis) di ricordare i precursori della classe D, ovvero coloro che hanno aperto la strada ad una nuova era nella storia degli amplificatori hi-fi: i primi moduli in classe D (denominati ICE Power) furono brevettati ed utilizzati da B&O nei propri diffusori attivi (a partire da Beolab 1 e Beolab 5). Tutti voi ricorderete quel brevetto pubblicizzato come “mille watt in una scatola di fiammiferi”. Ebbene, al di là del solito “ottimismo commerciale” nel riportare i dati tecnici, la potenza di tali moduli (utilizzati nella sezione dei bassi in sistemi multiamplificati) era davvero impressionante.
Nonostante la nota casa danese fondata da Peter Bang e Svend Olufsen a metà degli Anni Venti fosse da sempre famosa per il design e il costo (stratosferico), in quell’occasione fui incuriosito dalla tecnologia adottata, tanto che mi recai (“armato” di cd “Songs in A minor” di Alicia Keys) da Buscemi (storico negozio hi-fi di Milano) per un ascolto. Il risultato fu sconvolgente: nel celebre brano Fallin’, dopo le prime parole di Alicia Keys, l’attacco della batteria è reso come una cannonata, col pedale che è letteralmente un pugno nello stomaco. E’ vero che i Beolab 5 utilizzano un woofer enorme (381 mm), ma è pur vero che esso lavora in cassa chiusa di volume relativamente contenuto (non certo l’ideale dal punto di vista della dinamica e dell’efficienza). Eppure la precisione, la profondità, il controllo e la velocità negli attacchi e nei rilasci erano quanto di meglio mi fosse sino ad allora capitato di ascoltare (e in vita mia di sistemi di altissimo livello e costo proibitivo ne ho ascoltati tanti).
Così suggerii a partenti, amici e conoscenti di provare un ascolto ad occhi chiusi (per non farsi influenzare dall’estetica), ma il suggerimento non ebbe grande seguito: mentre quel giovane fresco di laurea (ma anche di un paio di significative esperienze nel settore commerciale), squattrinato e con pochissimo tempo libero (all’epoca avevo superato la selezione per un master universitario finanziato dal Fondo Sociale Europeo e contemporaneamente lavoravo nel no-profit) cercava di indicare la luna, tutti fissavano il dito. E così, anche per il fatto che tale tecnologia era stata brevettata dalla Bang & Olufsen ed era esclusivamente presente (a costi proibitivi) nei loro prodotti, dedicai il poco tempo libero che mi restava ad ascoltare la musica con i mezzi che avevo a disposizione (Indiana Line TH 370 appena acquistate, ampli a mosfet Technics SU-VX 720, un lettore cd entry level e il giradischi Thorens che è sempre rimasto l’elemento fisso in tutti i sistemi).
Poi, a distanza di qualche anno, il geniale Lucio Cadeddu scopre il T-Amp e ha il coraggio e l’onestà di pubblicarne una esauriente recensione sulla rivista (gratuita e indipendente) che dirige.
Nonostante i soliti “furbi mangiasoldi” abbiano da subito cercato di remare contro, ormai era iniziato un nuovo capitolo nella storia dell’alta fedeltà.
Nonostante la nota casa danese fondata da Peter Bang e Svend Olufsen a metà degli Anni Venti fosse da sempre famosa per il design e il costo (stratosferico), in quell’occasione fui incuriosito dalla tecnologia adottata, tanto che mi recai (“armato” di cd “Songs in A minor” di Alicia Keys) da Buscemi (storico negozio hi-fi di Milano) per un ascolto. Il risultato fu sconvolgente: nel celebre brano Fallin’, dopo le prime parole di Alicia Keys, l’attacco della batteria è reso come una cannonata, col pedale che è letteralmente un pugno nello stomaco. E’ vero che i Beolab 5 utilizzano un woofer enorme (381 mm), ma è pur vero che esso lavora in cassa chiusa di volume relativamente contenuto (non certo l’ideale dal punto di vista della dinamica e dell’efficienza). Eppure la precisione, la profondità, il controllo e la velocità negli attacchi e nei rilasci erano quanto di meglio mi fosse sino ad allora capitato di ascoltare (e in vita mia di sistemi di altissimo livello e costo proibitivo ne ho ascoltati tanti).
Così suggerii a partenti, amici e conoscenti di provare un ascolto ad occhi chiusi (per non farsi influenzare dall’estetica), ma il suggerimento non ebbe grande seguito: mentre quel giovane fresco di laurea (ma anche di un paio di significative esperienze nel settore commerciale), squattrinato e con pochissimo tempo libero (all’epoca avevo superato la selezione per un master universitario finanziato dal Fondo Sociale Europeo e contemporaneamente lavoravo nel no-profit) cercava di indicare la luna, tutti fissavano il dito. E così, anche per il fatto che tale tecnologia era stata brevettata dalla Bang & Olufsen ed era esclusivamente presente (a costi proibitivi) nei loro prodotti, dedicai il poco tempo libero che mi restava ad ascoltare la musica con i mezzi che avevo a disposizione (Indiana Line TH 370 appena acquistate, ampli a mosfet Technics SU-VX 720, un lettore cd entry level e il giradischi Thorens che è sempre rimasto l’elemento fisso in tutti i sistemi).
Poi, a distanza di qualche anno, il geniale Lucio Cadeddu scopre il T-Amp e ha il coraggio e l’onestà di pubblicarne una esauriente recensione sulla rivista (gratuita e indipendente) che dirige.
Nonostante i soliti “furbi mangiasoldi” abbiano da subito cercato di remare contro, ormai era iniziato un nuovo capitolo nella storia dell’alta fedeltà.
Andrea Gianelli- Membro classe argento
- Data d'iscrizione : 12.07.08
Numero di messaggi : 2608
Località : S. Pietro all'Olmo
Provincia : Milano
Occupazione/Hobby : Consulente
Impianto : Lettore Philips CD460, amplificatore "BeoAffordable" (con modulo Bang&Olufsen ICEpower 50ASX2 e pre phono/linea integrati by Camillo Gianelli), diffusori a sospensione pneumatica Boston Acoustics T-930 "improved" con woofer Indiana Line W20.
Re: Storia ed evoluzione della Classe D
Estremamente interessante! Non poteva mancare in questo forum, grazie.
_________________
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Silver Black- Amministratore
- Data d'iscrizione : 03.02.08
Numero di messaggi : 16693
Località : Bassano del Grappa
Provincia : Vicenza
Occupazione/Hobby : Sviluppatore software - Istruttore di Muay Thai / Kick boxing
Impianto :
pre: S.M.S.L. Sanskrit 10th
ampli: Behringer A800 (220 W @ 8 Ohm, 400 W @ 4 Ohm, 800 W in mono)
diffusori: Cerwin Vega XLS-215 (126x43x53.5 cm, 53 Kg cad., 95 db/W/m, 6 Ohm, 2 woofer da 38 cm, midrange da 17 cm, tweeter a cupola a tromba, 500 W, 38 Hz - 20 KHz)
sorgente: Sony BDP-S370 (lettore DVD/Blue-Ray e stazione multimediale streaming via rete cablata)
cavi segnale: Monster Cable MKII
cavi potenza: Qed Micro
- Spoiler:
Re: Storia ed evoluzione della Classe D
Grazie a te per il feedbackSilver Black ha scritto:Estremamente interessante! Non poteva mancare in questo forum, grazie.
Andrea Gianelli- Membro classe argento
- Data d'iscrizione : 12.07.08
Numero di messaggi : 2608
Località : S. Pietro all'Olmo
Provincia : Milano
Occupazione/Hobby : Consulente
Impianto : Lettore Philips CD460, amplificatore "BeoAffordable" (con modulo Bang&Olufsen ICEpower 50ASX2 e pre phono/linea integrati by Camillo Gianelli), diffusori a sospensione pneumatica Boston Acoustics T-930 "improved" con woofer Indiana Line W20.
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